Comunicato n° 189 six - 20 maggio 2006


A proposito dell’evento del 24 maggio 1969
in occasione dell’inaugurazione della casa del collezionista


Da ‘IL GIORNO’ 30.05.69 :

‘Se ne parlerà un bel pezzo, di quel sabato di fine maggio, quando accaddero in paese cose mai viste. Questo Malo, fra parentesi, è proprio lo stesso di quel ‘liberan nos a malo’, il romanzo che quando uscì alle stampe cinque anni fa introdusse gli ottomila abitanti del luogo nel mondo letterario. L’autore, Luigi meneghello, è infatti uno di qui che vent’anni fa se ne andò a insegnare l’italiano in una università inglese, e la sua nostalgia paesana la riversò in 350 pagine di italiano intessuto di dialetto locale. Battista Meneguzzo, geometra del comune, ha invece introdotto i suoi compaesani nel mondo dell’arte d’avanguardia. Pittura, scultura, architettura e musica d’avanguardia, tutto in una volta...’ ‘...Tutto è cominciato sabato 24 maggio alle 18 : come diceva l’invito, « per partecipare spettacolo artisti inaugurandosi casa Meneguzzo ». Alle ore 18 cominciò la processione alla casa del geometra. Lui aveva invitato solo le autorità e gli operai che gli avevano fatto la casa, un po’ di parenti e amici : ma erano mesi che in paese filtravano indiscrezioni sulla casa avvenieristica. Sicchè dietro al sindaco, al vicesindaco, agli assessori, ai consilieri comunali, dietro ai maggiorenti sfilò tutto il paese, donne vecchi e bambini in braccio. Tutti a vedere com’era fatta quella casa che da fuori sembrava una chiesa moderna, tutta bianca e rotonda, col tetto d’argento fatto come una vela...’ ‘... « Mi una casa compagna non me la saria sognà gnanca de note ». « uno spetacolo ». « Mi qua dentro me perdo ».

Da il quotidiano ‘IL GIORNALE DI VICENZA’ 31.05.’69 :

In un assordante stridio di distorsioni elettroniche, placato da nenie dolci, fluttuanti in un lamentoso rapimento di estasi, e immediatamente riproposto dall’ossessivo incalzare dei timpani e dall’esasperante dissonanza degli strumenti musicali ha avuto luogo nell’oratorio di San Bernardino la sconcertante rappresentazione di « Dies Sirae per l’inquisizione di Antonia, moglie di Rose di Villars Chabod » per la regia di Paolo Scheggi, con musiche originali di Ram Maestri. Personaggi principali : la Morte (nell’interpretazione di Leo Treviglio del Living Theater), la Pietà, il Peccato òa Vita come tentazione, La Morte come conoscenza, la Giustizia. Partendo da una concreta determinazione storica colta nel processo inquisitorio condotto contro una presunta strage nel 1500, l’azione teatrale si diluisce nella suggestione di una intensa emozione psico-visiva nella quale l’epifania dell’umano, viene proggressivamente celebrata nella giustapposizione problematica delle essenziali componenti esistenziali, per giungere ad un esito di amore cosmico quale insopprimibile forza e valore vitale. Al termine della rappresentazione la perplessità tra il pubblico è stata notevole e non sono mancate critiche soprattutto ai modi espressivi e ad un certo simbolismo intellettualistico emergente in maniera a volte eccessivamente ermetica. A nostro avviso comunque la rappresentazione, valutata e interpretata alla luce delle intenzioni del teatro sperimentale di Scheggi, ci è parsa misurata e coerente, e perciò pienamente riuscita nella ricerca di una arte espressiva non più oggettivamente data (di cui la assenza assoluta della parola) ma soggettivamente partecipata allo spettatore in ordine alle proprie personali – ed originali – sollecitazioni.’



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